Affissione abusiva di manifesti o locandine, chi e’ tenuto a pagare la sanzione amministrativa comunale?

Esiste una mancanza di uniformità di Giudizio della Magistratura su chi sia chiamato a pagare: l'autore materiale? Il beneficiario? Nessuno o tutti e due?

Il quesito

7giorni ci ha segnalato come siano pervenuti in redazione diversi quesiti da parte di lettori - proprietari di imprese o appartenenti ad associazioni di vario genere - aventi tutti ad oggetto una fattispecie comune: la legittimità o meno della sanzione comminata dall’Amministrazione comunale direttamente in capo ad associazioni, ad imprese o ad altri enti, a causa di volantini, locandine, manifesti o depliant affissi abusivamente (ossia autorizzazione e senza versare l’imposta dovuta) da loro associati, dipendenti, collaboratori, o anche da soggetti terzi rispetto alla loro organizzazione.

Chi è tenuto a pagare la suddetta sanzione comunale?
La sola persona fisica che si è resa materialmente responsabile dell’affissione illegittima (spesso ignota), ovvero anche l’ente giuridico beneficiario della pubblicizzazione?

Con la collaborazione della Collega Chiara Adele Citterio, specialista in materia, diamo una risposta ai dubbi dei lettori.


Avv. Luigi Lucente

Avv. Luigi Lucente

Alcune premesse legislative

Il quesito che ex se’ potrebbe apparire banale, ma in realtà non lo e’ affatto e meriterebbe una trattazione assai ampia e complessa, attesi gli interventi di carattere normativo succedutisi nel tempo in materia, tra l’altro con specifica delega ai Comuni ai fini della regolamentazione delle affissioni e del cosiddetto volantinaggio. Fermo quanto precede deve altresì segnalarsi l’esistenza di disposizioni normative specifiche in differenti materie, dalla propaganda elettorale, alla distribuzione ed affissione di carattere propagandistico e via discorrendo. Ulteriore doverosa segnalazione rimane inoltre quella relativa alla propaganda religiosa e da parte di associazioni senza scopo di lucro, che risultano essere area protetta, per così dire, andando esenti dalle disposizioni in materia comprese quelle di carattere sanzionatorio, e ciò in linea di massima. In ogni caso in via di estrema sintesi di seguito si renderà una risposta al quesito posto, tenuto conto del necessario carattere generale e di massima della medesima. Quanto ai riferimenti normativi non può prescindersi dal disposto dell’art 663 del codice penale, che tanto dispone "Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, vende o distribuisce o mette comunque in circolazione scritti o disegni, senza avere ottenuto l'autorizzazione richiesta dalla legge, e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 51 euro a 309 euro". Alla stessa sanzione, prosegue la norma, soggiace chiunque, senza licenza dell'Autorità’ o senza osservarne le prescrizioni, in un luogo pubblico, aperto o esposto al pubblico, affigge scritti o disegni, o fa uso di mezzi luminosi o acustici per comunicazioni al pubblico, o comunque colloca iscrizioni o disegni. Il reato, originariamente punito con l'arresto, a seguito del varo della cosiddetta legge di depenalizzazione, prevede ora solo una sanzione amministrativa pecuniaria, che potrà essere applicata anche dal Sindaco della località ove si manifesti il comportamento vietato.

La norma, infatti, richiamando le autorizzazioni richieste dalla legge oppure le prescrizioni o licenze dell'Autorità’, si presta ad essere interpretata in maniera elastica, poiché il suo contenuto e’ soggetto all'evoluzione delle disposizioni normative e regolamentari. Poiché la legge consente a Comuni e Province di adottare appositi regolamenti in materia, in caso di violazione troverà applicazione anche l'art. 7-bis del D.lgs. n.267/2000: la norma, rubricata "Sanzioni amministrative", precisa che, salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro. Tale sanzione amministrativa, precisa il comma 2-bis, si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari.

In materia vengono anche in linea di conto il D. Lgs. 15.11.1993 n. 507 e la Legge 24.11.1981 n. 689. La prima, in sintesi, contiene il complesso di regole riguardanti le imposte comunali sulla pubblicità e le affissioni.
La seconda, invece, inerisce l’ambito delle sanzioni amministrative più in generale. Nel tenore del suo art. 24, il D. Lgs. 15.11.1993 n. 507 prevede espressamente che per le sanzioni amministrative ivi previste si debbano osservare “le norme  contenute … nella l. 24 novembre 1981, n. 689”, alla quale integralmente rimanda.
Tale ultima disposizione normativa, al relativo articolo 6, dispone tra l’altro che:
-    Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà”;
-    se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque di un imprenditore, nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta”.


Il precetto normativo, con chiara finalita’ deterrente, prevede pertanto un profilo di responsabilità solidale in capo all’autore dell’illecito e dell’ente giuridico che ha messo a disposizione i manifesti, le locandine, o quant’altro, ovvero che ha commissionato un proprio dipendente, associato, o rappresentante di affiggere i contenuti pubblicitari incriminati.
La norma garantisce in ogni caso il diritto di regresso in capo al soggetto concretamente solvente (“chi ha pagato ha diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'autore della violazione”), ossia - in parole più semplici - l’ente giuridico può ottenere dal soggetto che ha materialmente affisso il manifesto o la locandina la restituzione delle somme che si e’ visto costretto a pagare all’Amministrazione.

A queste due norme, poi, dovranno aggiungersi anche i singoli regolamenti comunali, che integrano di volta in volta la disciplina applicabile, nonché l’art. 23 del Codice della strada (D. Lgs. n. 285/1992), che involge il caso più specifico della pubblicità rivolta sulla strada pubblica o direttamente sui veicoli circolanti nella stessa (e che per ragioni editoriali e di attinenza al quesito proposto in questa sede non occorre approfondire ulteriormente).

L’interpretazione giurisprudenziale della norma di riferimento

Come agilmente evincibile dalla normativa sopra esposta, se questa, da un lato, delinea un profilo di responsabilità (solidale) in capo all’ente giuridico, per le affissioni poste in essere con mezzi di sua proprietà, ovvero da dipendenti o soggetti allo stesso legati da un punto di vista organico, dall’altro non risponde a due importanti interrogativi sui quali, per necessità, è inevitabilmente (e a più riprese) intervenuta la giurisprudenza di merito e di legittimità, e che qui si riassumono in termini molto pratici e concreti:

1 - la violazione posta in essere da chi non è rappresentante o dipendente dell’ente giuridico pubblicizzato - come, per esempio, un semplice collaboratore occasionale o esterno - è ugualmente idonea ad impegnare in tal senso l’ente giuridico?

2 - la circostanza che il manifesto, il volantino, la locandina, il depliant, o quant’altro, faccia espressamente riferimento ad un ente giuridico, o ad un evento dallo stesso organizzato, o comunque lo indichi come ente di riferimento, è di per sé sufficiente affinché questo sia ritenuto solidalmente responsabile della violazione, e, quindi, sia comunque chiamato a rispondere, a prescindere che sia individuato o meno l’autore materiale dell’affissione abusiva?

Ebbene, con riferimento al primo dei due quesiti citati la giurisprudenza ha ormai definito un orientamento prevalente.
Quanto al secondo, invece, ad oggi possono rinvenirsi ancora orientamenti tra loro contrapposti.

Infatti, con riferimento al primo quesito - e citando all’uopo Cass. civ., sez. II, 25.01.2012, n. 1042: “secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 4725 del 2004 e, da ultimo, Cass. n. 13770 del 2009)… la responsabilità solidale della persona giuridica, o dell'ente privo di personalità giuridica […] consente di includere nell'ambito applicativo della norma non soltanto i soggetti legati alla persona giuridica o all'ente da un formale rapporto organico, ovvero da un rapporto di lavoro subordinato, ma anche tutti i casi in cui i rapporti siano caratterizzati in termini di affidamento (inteso come materiale consegna all'autore della violazione del materiale pubblicitario) o di avvalimento (inteso come attività di cui il committente profitta)” (tra le molte, in modo chiaro anche Cass. civ., sez. I, 29.09.2006, n. 21191).

Si pensi, dunque, al caso dell’amico dell’associato che, per dare una mano, si fa incaricare dall’associazione per appendere manifesti relativi ad un evento a scopo benefico dalla stessa organizzato; o a due associazioni che, avendo un fine comune, collaborano tra loro attraverso i loro associati affiggendo reciprocamente manifesti o volantini per gli eventi rispettivamente organizzati dall’una o dall’altra associazione; o ancora, all’impresa che affida l’incarico ad una società esterna specializzata nella pubblicizzazione di eventi e che si occupa quindi anche di tali attività. Tutti costoro sono potenzialmente idonei ad obbligare solidalmente nei confronti dell’Amministrazione l’associazione o l’impresa per la quale hanno prestato l’attività di pubblicizzazione.

Con riguardo, invece, al secondo dei quesiti proposti, come anticipato si rinvengono diverse correnti di matrice giurisprudenziale, non proprio tra loro coerenti, a cui i Giudici di volta in volta hanno deciso di aderire.

Secondo un primo filone, il principio della responsabilità solidale dell’ente giuridico deve considerarsi applicabile “a condizione che l'attività pubblicitaria sia comprovatamente riconducibile all'iniziativa del beneficiario quale committente o autore del messaggio pubblicitario o che sia documentato il rapporto tra autore della trasgressione ed ente o persona giuridica … restando comunque escluso che il beneficiario del messaggio pubblicitario sia solidalmente responsabile della violazione per il solo fatto di averne potuto trarre giovamento” (Cfr. Cass. civ., sez. II, 25.01.2012, n. 1042; ma anche Cass. civ. sez. II, 12.06.2009, n. 13770; Trib. Roma, sez. II, 01.10.2014, n. 19340; ed il principio è richiamato anche dalle più recenti Cass. civ., sez. II, 28.11.2018 n. 30766 e Cass. civ., sez. VI, 11.05.2017, n.11699).

Nella sentenza citata, infatti - e per fornire un taglio più pratico al lettore - gli Ermellini hanno ritenuto al riguardo che il Giudice di merito abbia “congruamente evidenziato che i manifesti abusivi erano costituiti da comuni fogli per stampa tipo A4 sui quali erano stati stampati il nome del gruppo musicale, il titolo dello spettacolo e il luogo e la data dello svolgimento di quest’ultimo [e] sulla scorta di questi elementi, era del tutto illegittimo presumere la proprietà dei manifesti in capo al suddetto Circolo (ancorché risultasse essere il soggetto avvantaggiato dalla pubblicità) e la sicura riconducibilità dell'attività di averne commissionato l'affissione illegittima (trattandosi, in altre parole, di beni mobili "al portatore", privi, cioè, di idonee caratteristiche attraverso le quali era lecito risalire al proprietario degli stessi)” (Cfr. sempre Cass. civ., sez. II, 25.01.2012, n. 1042).

Secondo, invece, un’altra e differente interpretazione, in casi consimili è necessario avvalorare maggiormente il mezzo di prova presuntivo, e così presumere che l’ente beneficiario della pubblicità sia sic et simpliciter responsabile in quanto verosimilmente collegato con l’autore materiale della violazione, e ciò quantomeno fino a prova contraria: una prova che, comunque, dovrà essere dedotta dall’ente pubblicizzato, con la conseguenza che nei casi in cui l’esecutore materiale dell’affissione dovesse risultare ignoto, la relativa difficoltà in termini di onus probandi ricadrà sull’ente medesimo (in tal senso Cass. civ., 23.02.2018, n. 4424; Cass. civ., sez. II, 23.03.2017, n. 21453; Cass. civ., sez. VI, 03.07.2014, n.15293; Cass. civ., sez. II, 25.01.2012, n. 1040; Cass. civ., sez. VI, 03.07.2014, n. 15293).

Sul punto si riporta, ad esempio, quanto espressamente previsto nella recente ordinanza Cass. civ., 23.02.2018, n. 4424, secondo cui: “l'Amministrazione può avvalersi di presunzioni (essendo anche queste mezzi di prova dei fatti giuridici), che trasferiscono a carico dell'opponente l'onere della prova contraria … Ove si dovesse ritenere che la Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto dimostrare l'esistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie ovvero che il cartello era stato installato su incarico della ***, non solo non si darebbe rilevanza alla circostanza che, comunque, la pubblicità contenuta nel cartello di cui si dice tornava utile alla società ***, ma verrebbe accordato un favor eccessivo all'opponente, che potrebbe vedersi accogliere la domanda anche laddove non abbia provato la sua estraneità ai fatti reali ed apparenti”.

Conclusioni

Delineati, dunque, in chiave assolutamente sintetica la fattispecie ed i diversi orientamenti giurisprudenziali intervenuti sulla questione nel corso degli anni, non resta ora che concludere affermando come, in effetti, per certi versi ad oggi al cittadino sul tema non siano lasciate molte certezze.

Se da un lato, infatti, deve ritenersi ormai dato assodato che qualsiasi soggetto che abbia operato per conto dell’ente giuridico (anche se non rappresentante o dipendente dello stesso) consenta all’Amministrazione di sanzionare in via solidale quest’ultimo per le affissioni abusive, dall’altro non può negarsi una certa mancanza di uniformità nella Magistratura circa la possibilità che l’ente giuridico coinvolto possa essere chiamato a pagare la relativa sanzione amministrativa per il solo fatto di essere beneficiario del messaggio pubblicitario.

Sul punto, quindi, non resta che attendere, e auspicare, un intervento risolutore da parte della Magistratura stessa, ovvero, in alternativa, direttamente da parte del legislatore.
Avv. Luigi Lucente

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