Lavoro sommerso, il datore di lavoro paga lo stipendio ma non i contributi relativi alle effettive ore di lavoro, cosa fare?

Una lettrice impiegata in un ristorante si rivolge all'Avvocato Luigi Lucente in materia di Diritto del lavoro: assunta a tempo pieno, pur essendo retribuita come prima adesso si trova impiegata a a part time senza aver concordato nulla

7giorni ci ha segnalato essere pervenuto in redazione un quesito da parte di una lettrice, Emma – lavoratrice subordinata nel settore ricettizio alberghiero – che lamenta di essere vittima di un comportamento gravemente lesivo da parte del proprio datore di lavoro che nel tempo, per dichiarata, quanto asserita crisi, ha progressivamente provveduto a ridurre le relative ore di retribuzione parrebbe solo per quelle dichiarate, ovvero riportate nei cedolini paga alla medesima consegnati.
La lavoratrice che precisa di non aver mai sottoscritto accordo di sorta con il proprio datore di lavoro, si dichiara intenzionata a far causa, ma chiede in sintesi quali siano i relativi costi-benefici, ed in particolare quali i relativi diritti.
Con l’aiuto della collega di studio Chiara Adele Citterio, giuslavorista, si provvede ad affrontare la questione e, così, a fornire una risposta alla lettrice.


ALCUNE DOVEROSE PREMESSE 
Potremmo serenamente affermare che per affrontare il quesito sottoposto alla attenzione dalla lettrice, dovremmo spendere davvero fiumi di parole, partendo dal presupposto che purtroppo, da anni, assistiamo sempre più frequentemente ad interventi normativi nella materia lavoristica, che per come emanati, hanno creato una notevole quantità di problemi, le cui spese rimangono a carico delle fasce meno fortunate.

In questo quadro, non proprio idilliaco, rimangono tuttavia alcune sovrane certezze.
Prendiamo le mosse dal quadro normativo in materia di retribuzione, che trova la propria disciplina principe di rango costituzionale.
Invero l’art 36 della Carta dei Diritti dispone testualmente “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa”.
Inoltre il Codice Civile disciplina alcuni aspetti cardine della retribuzione in particolare agli articoli che di seguito si riportano: art. 2099, che recita “La retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempo o a cottimo e deve essere corrisposta nella misura determinata (dalle norme corporative), con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito. In mancanza (di norme corporative o) di accordo tra le parti, la retribuzione e determinata dal giudice, tenuto conto, ove occorra, del parere delle associazioni professionali. Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti con provvigione o con prestazioni in natura (Cod. Proc. Civ. 409).”; art 2108 che dispone: “In caso di prolungamento dell'orario normale, il prestatore di lavoro deve essere compensato per le ore straordinarie con un aumento di retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario. Il lavoro notturno non compreso in regolari turni periodici deve essere parimenti retribuito con maggiorazione rispetto al lavoro diurno. I limiti entro i quali sono consentiti il lavoro straordinario e quello notturno, la durata di essi e la misura della maggiorazione sono stabiliti dalla legge (o dalle norme corporative)”; art. 2114 a mente del quale “Le leggi speciali (e le norme corporative) determinano i casi e le forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e le contribuzioni e prestazioni relative (1886)”; ed ancora art. 2115 il cui dettato si riporta “Salvo diverse disposizioni della legge (o delle norme corporative) l'imprenditore e il prestatore di lavoro contribuiscono in parti eguali alle istituzioni di previdenza e di assistenza. L'imprenditore è responsabile (2753) del versamento del contributo, anche per la parte che è a carico del prestatore di lavoro, salvo il diritto di rivalsa secondo le leggi speciali (2754). E' nullo qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza”; ed infine l’art. Art. 2116 a mente del quale “Le prestazioni indicate nell'art. 2114 sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l'imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali (o delle norme corporative). Nei casi in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l'imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro.”
Sussistono poi una serie di disposizioni normative di carattere speciale il cui riferimento si omette per ragioni di sintesi.
Quel che rileva evidenziare è che i parametri retributivi risultano determinati, nel concreto loro ammontare, dalla Contrattazione Collettiva Nazionale, che detta discipline specifiche per i vari settori di attività ed oggi, sempre più, dalla contrattazione collettiva di secondo livello, ovvero quella aziendale negoziata sotto l’egida del sindacato.
E’ pacifico e sacrosanto, pertanto, che il lavoratore abbia diritto alla corresponsione del compenso in funzione delle ore di effettivo lavoro prestate in favore del datore, e delle mansioni di adibizione, determinate nel loro ammontare, per lo più dai contratti collettivi nazionali.
Altro aspetto cui si reputa opportuno accennare, risulta essere l’apparato sanzionatorio previsto dalle disposizioni speciali in materia, nell'ipotesi in cui il datore di lavoro violi la normativa di riferimento avuto riguardo le disposizioni che regolano l’instaurazione, lo svolgimento e la cessazione del rapporto.
Ci si riferisce, in via di estrema sintesi, all'obbligo di comunicazione al competente centro per l’impiego dell’instaurazione del rapporto, all'obbligo relativo al rilascio dei cedolini paga mensili ed alla loro regolare e fedele compilazione, all'obbligo di provvedere alle comunicazioni relative alla variazione del rapporto di lavoro in corso, della relativa cessazione, al versamento della contribuzione, e via discorrendo.
L’apparato sanzionatorio (di pertinenza degli Ispettorati Territoriali del Lavoro) risulta particolarmente severo ed il relativo inasprimento, trova la propria ragion d’essere nel proposito deflattivo del sistema.
La cosiddetta lotta al lavoro sommerso.
Si pensi a mero titolo di esempio che la maxi sanzione per l’impiego di lavoratori non regolarizzati va – sulla scorta degli aumenti del corrente anno pari al 20% dei precedenti importi – da un importo minimo di €1.800,00 ad un massimo di €43.000,00 somme variabili a seconda della durata del periodo cosiddetto irregolare.
Ed anche a tal proposito si è accennato alla sola maxi sanzione amministrativa, ma le conseguenze per la violazione delle disposizioni normative relative al rapporto di lavoro risultano molteplici ed in ogni caso assai aspre. 

GLI ELEMENTI RETRIBUTIVI STABILITI IN SEDE DI ASSUNZIONE, RELATIVA VIOLAZIONE E CONSEGUENZE
Poste le superiori premesse, è’ del tutto chiaro che, stabilito il livello retributivo in sede di assunzione, il datore di lavoro non può apportare delle riduzioni unilaterali al medesimo, salvo espresso assenso del lavoratore, da formalizzare con accordo sindacale.
Ciò in virtù del consolidato principio di irriducibilità della retribuzione.
Risulta infatti consolidato il relativo principio in ambito giurisprudenziale ed in proposito tra le numerose si richiama Cass. 23 luglio 2008 n. 20310 “il principio irriducibilità’ della retribuzione dettato dall’art. 2103 c.c. implica che la retribuzione concordata al momento dell’assunzione non e’ riducibile ……………. ed ogni patto contrario e’ nullo” (conformi Cass. 19 febbraio 2008 n. 4055; Cass., 27 ottobre 2003, n. 16106). 
Invero ciononostante i recenti interventi normativi che hanno riconosciuto maggior spazio alla contrattazione collettiva di secondo livello (il che significa accordo sindacale del datore di lavoro) il principio non risulta scalfito in alcun modo.
Men che meno il datore di lavoro potrà usufruire della prestazione lavorativa del dipendente, con parziale regolarizzazione della medesima.
Il cedolino paga infatti deve riportare in via corretta l’effettivo orario di lavoro osservato, incluso eventuale straordinario e/o lavoro supplementare, ed il dipendente ha diritto alla conseguente retribuzione.
A carico del datore di lavoro vi è obbligo di versamento delle imposte in qualità di sostituto nonché dei contributi e dei premi assicurativi, rispettivamente in favore dell’Erario, dell’Inps e dell’Inail.
La violazione dei sopra richiamati obblighi comporta ovviamente, il diritto da parte del lavoratore a vedersi riconosciuta – e ovviamente ad ottenere in pagamento – la retribuzione corrispondente alla attività lavorativa effettivamente prestata, e da parte degli Enti rispettivamente competenti delle somme loro dovute.
Il tutto oltre le sanzioni amministrative sopra cennate in ipotesi di violazione.

CONCLUSIONI
Delineati, dunque, in chiave sintetica i principi normativi ed accennato quello giurisprudenziale, non resta ora che rassegnare le nostre conclusioni.

I diritti della lavoratrice Emma risultano violati ed il comportamento del datore di lavoro fortemente censurabile.
La dipendente ha chiaramente diritto di agire in sede giudiziaria ed amministrativa al fine di ottenere tutela delle proprie ragioni.

Resta da considerare che l’assunzione di iniziative seppure legittime nei confronti del datore di lavoro, renderà difficoltosa la prosecuzione del rapporto.

Avv. Luigi Lucente

Avv. Luigi Lucente

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