La donna, anche se minorenne, è l'unica titolare della scelta sull'aborto
Genitori favorevoli o contrari, dunque, la scelta spetta a chi porta in grembo il seme della vita, perché interrompere o proseguire una gravidanza è un diritto, e non può certo diventare un dovere
Buongiorno, scrivo perché la disperazione mi sta consumando.
Ho due figli, di 16 e 17 anni; li ho cresciuti con le mie forze e quelle del mio compagno con cui sto da 11 anni. Il padre è un uomo assente, non ha mai dato soldi, ed è stata una figura negativa, soprattutto per mia figlia di 17 anni che ha sempre cercato di avere un rapporto con lui, ma inutilmente.
Ora, il problema è che mia figlia è incinta, e sapendo della mia contrarietà al fatto, ha chiesto aiuto al padre, che con superficialità le ha detto che l’avrebbe aiutata lui. Già qui il primo errore, perché mia figlia ha un rapporto burrascoso col ragazzo, il quale non ha fissa dimora, i suoi genitori sono in carcere, e tiene dei comportamenti ambigui. Con fatica le ho fatto capire l’errore di mettere al mondo un figlio “così”, e finalmente ha deciso per l’aborto.
Bene, sembrava “fatta”, ma purtroppo serve anche la firma del padre, il quale, per ben 3 volte non si è presentato, e ora che siamo “al limite”, se a quest’ultimo appuntamento non si presenta sarà troppo tardi per poter praticare l’aborto.
In questo caso, io vorrei agire legalmente contro di lui, posso procedere?
La prego, mi dia risposta in merito perché a me sembra di impazzire.
Grazie
Cinzia
Gentile Sig.ra Cinzia ,spero
vivamente che – dati i tempi tecnici di gestione di una rubrica – la risposta
le giunga in tempo utile. In ogni caso, le preciso quanto di seguito.
Innanzitutto, occorre considerare che, anche se minorenne, ciò che conta è l'effettiva volontà di sua figlia di portare a termine o meno la gravidanza.
In Italia la legge di riferimento in tema di I.V.G. (interruzione volontaria di gravidanza) è la legge n. 194 del 22 maggio 1978, nella quale vengono indicati – tra gli altri aspetti – requisiti, condizioni e modalità di accesso alla pratica interruttiva della gravidanza.
L’art. 12 della ridetta legge stabilisce che la richiesta di interruzione della gravidanza debba essere fatta personalmente dalla donna, e – seppure, in caso di ragazze minorenni in attesa, richiede l’assenso delle persone esercenti la responsabilità genitoriale, – prevede anche che, nei primi 90 giorni, qualora vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione dei genitori, o questa non dia esito univoco, o sia negativa o impossibile, la minore può rivolgersi al consultorio o alla struttura socio-sanitaria o al medico di fiducia, i quali, valutato il caso, possono investire della questione il Giudice Tutelare. Sempre l'art. 12 della richiamata legge, difatti, prevede che il consultorio, le strutture socio-sanitarie e il medico di fiducia trasmettano una relazione corredata da parere al Giudice Tutelare competente. Il Giudice Tutelare, entro 5 giorni, sentita la minore e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna a decidere l'interruzione della gravidanza.
Serve inoltre precisare che, in tal caso, il compito del Giudice Tutelare è esclusivamente quello di consentire alla minore di decidere in merito all'interruzione della gravidanza, verificando l'effettiva consapevolezza in capo alla ragazza della scelta da intraprendere, e non può, invece, esprimersi autonomamente a favore o contro l’aborto, sostituendosi nella decisione alla futura madre. La Corte Costituzionale sul punto ha preso una posizione netta nella decisione 19 luglio 2012 n. 196, precisando come il compito affidato al Giudice Tutelare sia quello di “autorizzazione a decidere”; un compito che: “non può configurarsi come potestà co-decisionale, la decisione essendo rimessa […] soltanto alla responsabilità della donna”.
E se nemmeno il Giudice può sostituirsi alla minorenne nella decisione, men che meno potranno farlo i genitori. Ricordiamo tra gli altri il caso di una ragazza di 16 anni di Trento balzato agli onori della cronaca, che nel 2011 decise di portare avanti una gravidanza che i genitori invece ostacolavano. Anche in questo caso nessun giudice ha potuto fare nulla di fronte alla determinazione della ragazza, la quale aveva deciso di partorire il suo bambino.
Genitori favorevoli o contrari, dunque, la scelta spetta a chi porta in grembo il seme della vita, perché interrompere o proseguire una gravidanza è un diritto, e non può certo diventare un dovere.
In parole povere, il comportamento del padre di sua figlia, che sia dettato da motivi di superficialità e/o menefreghismo, ovvero ancora da ragioni di rifiuto di dare il proprio assenso all'aborto, poco conta ai fini della procedura in quanto la legge tiene conto esclusivamente della volontà della futura madre, consentendole se minorenne di operare comunque una scelta, anche se contraria al parere dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale.
Ad ogni modo, dunque, il consiglio è quello di rivolgersi il prima possibile a una delle sopracitate strutture, affinché i soggetti preposti possano svolgere gli accertamenti del caso, indirizzare sua figlia verso il corretto iter da seguire e con l'ultima parola del Giudice Tutelare, garantendo così il rispetto del diritto di ogni donna, maggiorenne o minorenne che sia, ad una procreazione che sia cosciente e responsabile.
Ció esposto, se non ho male interpretato il suo ultimo quesito, e cioè se nel caso sua figlia non riuscisse ad abortire se ci sarebbero gli estremi per fare causa al padre, a mio parere la risposta in teoria è negativa. Non fosse altro che per il fatto che l'assenso non è un atto dovuto.
Se la ragazza, infatti, è determinata, nulla e nessuno la possono fermare.
Naturalmente, poi, la fattibilità o meno di una causa (e per quali danni) andrebbe valutata considerando tutti i dettagli della vicenda che io sconosco. Indubbiamente, potrebbe invocarsi un obbligo di mantenenimento e/o alimenti (da valutarsi anche in ragione del comportamento e delle possibilità del futuro padre del nascituro e della situazione patrimoniale della futura madre).
Ma in ogni caso, considerato il pregresso, bisognerebbe preliminarmente valutare anche se il padre di sua figlia è solvibile e, quindi, se potrebbe essere economicamente aggredito.
Cordialmente
Avv. Luigi Lucente
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