Fauna del territorio; l’Airone guardabuoi, ha un carattere socievole segue i trattori che smuovendo la terra gli procurano da mangiare
Numerosi a Peschiera Borromeo e comuni limitrofi, svolge un servizio molto apprezzato da bufali, gazzelle e altri erbivori a cui in cambio degli insetti e dei parassiti di cui si ciba segnala eventuali pericoli, da qui il nome caratteristico

Le foto di Walter Ferrari
L’Airone guardabuoi (Bubulcus ibis) appartenente alla famiglia degli Ardeidi, è un uccello di taglia media (la sua altezza può variare dai 25 ai 30 cm, lunghezza 45-50 cm, apertura alare 90-95 cm e il peso 250/300 gr), molto più tozzo rispetto all’Airone cenerino e con il collo più corto. Presenta un piumaggio bianco e si distingue per il becco giallo e le zampe grigie. Durante la stagione riproduttiva gli adulti sfoggiano una livrea più colorata con piume arancioni sul vertice, sulla nuca e sul dorso, becco e zampe di colore rossiccio.
L’Airone guardabuoi è presente in gran parte dell’Asia, dell’Africa, delle Americhe e dell’Europa meridionale. In Italia, dove la presenza è regolare dagli anni ’80, si concentra soprattutto al nord, mentre appare più sporadico, anche se in generale aumento, nelle regioni centro-meridionali.
Le colonie solitamente sono composte da una decina di esemplari. La costruzione del nido avviene su salici arbustivi e piante di boschi umidi. Solitamente nidifica in Garzaia, costruendo un nido a coppia, poco profondo, con rametti e steli di canna. Talvolta i nidi sono così vicini da toccarsi gli uni con gli altri.
Nel periodo invernale si riunisce in dormitori notturni, composti talvolta da alcune centinaia di individui e spesso localizzati negli stessi siti riproduttivi.
È un airone più di terra che di ambienti umidi. Ha carattere socievole e confidente che lo spinge ad avvicinarsi alle aziende agricole. Approfitta dei lavori dei campi per seguire i trattori che smuovono la terra e per stanare piccoli animali che finiscono nel suo becco senza troppa fatica. Il suo modo di cacciare alterna spostamenti lenti, con movimento laterale del collo e della testa, a brevi corse. Negli ambienti umidi si nutre di rane, girini, pesci, crostacei, molluschi e insetti acquatici. Come gli altri aironi, vola tenendo il collo ripiegato a “esse”, posa che conferisce un aspetto senza collo.
Si può avvistare nei pressi di tranquille mandrie al pascolo, greggi di pecore o altri animali. Questo Airone si nutre infatti di cavallette, coleotteri e lucertele che tipicamente “accompagnano” gli animali mentre questi si muovono lentamente sul terreno erboso. Può capitare anche di vederlo appollaiato sopra i bovini stessi o cavalli. Non è un attacco, ma uno scambio di favori. Questa specie, infatti, nutrendosi di piccoli parassiti come zecche e mosche emofaghe, porta molti benefici ai ruminanti. Offrendo buon cibo, i bovini ricevono in cambio un segnale di allarme in caso di pericolo: da qui il nome di “Airone guardabuoi”. Questo comportamento proviene proprio dalle savane africane dove l’airone svolge un servizio molto apprezzato da bufali, gazzelle e altri erbivori in caso si avvicinino i grandi carnivori.
Questo uccello non è una specie commestibile, perché la sua carne non è considerata buona e pertanto non è cacciabile; infatti è specie protetta ai sensi della legge 157/1992. Risente dell’allargamento delle zone urbanizzate e della riduzione delle zone umide.
Numerosi sono gli Aironi guardabuoi presenti sul nostro territorio (Peschiera Borromeo e comuni limitrofi), in particolare laddove ci sono campi coltivati, al seguito dei trattori che arano, come documentano le mie fotografie.
Le garzaie più interessanti e importanti dove nidificano numerosi ardeidi e quindi anche gli Aironi, le ho viste durante le mie solite escursioni naturalistiche effettuate negli anni scorsi: nel 2020 nella Garzaia di Gnignano e nella Garzaia di Galgagnano, a maggio 2023 lungo il fiume Serio, nel Parco Regionale, nella “Riserva naturale Palata Menasciutto”. A settembre del 2019 li ho avvistati anche nelle valli di Comacchio sopra la groppa di un gruppo di cavalli Camargue.
Testo e foto Walter Ferrari
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