Il giallo TARASSACO dai mille usi

Che il Tarassaco sia una delle piante spontanee di più ampio e popolare uso è fuor di dubbio.

Particolarmente  in primavera è infatti una delle piante più ricercate da quanti, armati di coltellino, battono pazientemente campi e prati  alla salutare raccolta di quanto di meglio offre la natura. Io ho imparato ad apprezzarlo sin da piccolo quando accompagnato dai miei genitori, Luigi e Teresina, mi recavo alla raccolta e imparavo a distinguerlo dalle altre erbe. Ricordo che, specialmente all’inizio della primavera, raccoglievamo le piantine più tenere e giovani, quando appena spuntavano dal terreno, con le foglie di un bellissimo  verde chiaro che, via via che la foglia spuntava maggiormente dal terreno, diventava verde più scuro. E chi non ha mai giocato con il pappo, la caratteristica infiorescenza del Tarassaco? Difficile resistere a raccoglierlo per soffiarlo.
Io e mia moglie Paola portavamo i nostri  figli Filippo e Nadia, quando erano piccoli,  a raccogliere “l’insalata matta”, così si chiama in modo popolare, poi soffiavano i pappi e i semi volavano come dei piccoli paracaduti che loro rincorrevano; era anche il  modo per passare qualche ora all’aria aperta.
Gli anni passano ma il divertirsi soffiando il tarassaco è ancora attuale anche per  i miei nipotini, Federico (6 anni) e Cecilia (2 anni), ripetendo probabilmente un gioco antichissimo  che lascia grande spazio alla fantasia.
Vediamo allora di conoscere questa pianta, le sue caratteristiche e proprietà, come si raccoglie, come viene impiegata e come si consuma.
Il nome scientifico delle pianta erbacea è Tarassacum officinale Weber, appartenente alla famiglia delle Asteraceae. É molto conosciuta nel nostro Paese come Dente di cane, Dente di Leone, Piscialetto, Soffione, Girasole dei prati, Cicoria selvatica, Radichella ed altri tipici e coloriti nomi a seconda delle zone. Il Tarassaco è un’erba perenne provvista di una tipica grossa radice fittonante lunga fino a 30 cm, robusta, con radichette secondarie, di colore esterno bruno e internamente bianca. Le foglie sono di un bel colore verde e raccolte in una rosetta più o meno folta; l’altezza della pianta, compreso lo scapo finale, varia da circa 10 a 40 cm. I fiori sono riuniti in un grande capolino su un peduncolo radicale cavo, glabro o quasi. Sono impossibili da confondere e si distinguono per il bel colore giallo di diverse tonalità. Il frutto è un achenio ovoidale, un poco compresso, con una serie di dentini rivolti verso l’alto, di colore grigiastro. Il pappo è costituito da una folta e caratteristica raggiera  di setole bianche portate all’estremità di un’asse lunga 3 volte l’achenio. Tutta la pianta, al taglio, emette un succo lattiginoso amaro; parti verdi e radici sono commestibili, caratterizzate da un gusto tipicamente amarognolo. Il Tarassaco si trova praticamente su  tutto  il territorio,  ma preferisce i prati stabili concimati, luoghi ruderali, le schiarite dei boschi di latifoglie. Cresce a un’altitudine che va  da 0 a 3300 m, dal piano marino ai limiti  dei ghiacciai. Inutile dire  che, nel caso  ci si accinga alla raccolta, è particolarmente importante preferire luoghi relativamente poco esposti alle fonti di inquinamento evitando  la raccolta lungo le strade frequentate dal traffico a motore, o su terreni confinanti con insediamenti  industriali.  E’ una raccomandazione, questa, che vale per qualsiasi tipo di pianta spontanea commestibile. E’ indubbio che il Tarassaco sia una delle piante maggiormente usate nella medicina popolare in virtù delle sue  proprietà amaro-toniche; si parla addirittura di “tarassacoterapia”.
Jean Valnet definisce il Tarassaco pianta “amica del fegato”. Henry Duprat suggerisce l’uso del Tarassaco in diversi casi. E’ evidente che per le cure è meglio consultare un medico omeopata, o medico erborista; verrà stabilito dosaggio e modalità di impiego dei rimedi più consoni ad affrontare ogni specifico problema. Personalmente consumo tutte le parti della pianta: le foglie tenere raccolte in primavera le mangio crude in insalata; utilizzo, masticando, qualche stelo camminando in campagna; le foglie mature bollite poi saltate in padella con aglio e olio. Le radici raccolte e accuratamente pulite, tagliuzzate, essicate e tostate al forno, quindi finemente macinate si usano come surrogato del caffè. I boccioli si possono conservare  sotto sale o aceto come i capperi. Esiste in commercio un ottimo miele di Tarassaco, che io apprezzo e consumo come dolcificante anche nel tè e nel caffè. Lo acquisto presso l’Apicoltura Locatelli,  Via Curiel 1, Settala (Mi).

Foto di Walter Ferrari