Fermiamo la strage di Pasqua, non cuciniamo agnelli e capretti

A un mese di vita sono strappati alle madri, costretti a lunghi viaggi terribili ed estenuanti su tir strapieni, per arrivare a un triste macello dove gli animali terrorizzati sono immobilizzati, storditi, appesi a un gancio per una zampa, e lasciati dissanguare

Presto sarà Pasqua e, purtroppo, in questo periodo di emergenza sanitaria sarà difficile trascorrerla come vorremmo con i nostri cari. Possiamo approfittarne per rivedere il nostro rapporto con la natura.  Pasqua è sinonimo di primavera e primavera è sinonimo di risveglio. Le piante mettono le prime foglioline, il canto degli uccellini si fa pieno di allegria e sfumature, un risveglio alla vita che riempie di gioia il cuore degli uomini, gratificando lo sguardo con il verde dei campi che ogni giorno diventa più intenso dopo i colori appassiti dell’inverno. Un rinnovamento globale che si proietta nell’anima e la rigenera, facendoci profondamente partecipi del ciclo della vita che rinasce. Ed è proprio in questo contesto che muovono i primi passi agnellini e  capretti appena nati, inermi creature dotate di bellezza e grazia che commuovono chiunque. A un mese di vita sono strappati alle madri, costretti a lunghi viaggi terribili ed estenuanti su tir strapieni, per arrivare a un triste macello dove gli animali terrorizzati sono immobilizzati, storditi, appesi a un gancio per una zampa, e lasciati dissanguare. Perché l’essere umano è così, si commuove accarezzando un agnellino e vedendolo saltellare felice insieme al resto del gregge, ma è pronto a ucciderlo, spellarlo, squartarlo, cucinarlo e mangiarlo. Ogni anno migliaia di questi poveri animali finiscono sulle nostre tavole. Non si tratta di abbracciare tout court una scelta vegetariana, ma di rivedere un’usanza che sempre più si confronta con sensibilità nuove. Le tradizioni spirituali dell’Induismo, del Buddhismo, dello Yoga, ribadiscono l’importanza dell’astenersi dal mangiare animali come condizione imprescindibile per il raggiungimento della completezza dell’uomo e la salvezza spirituale. Oggi difendere gli animali, proteggerli è ormai un’esigenza vitale per la sopravvivenza anche degli esseri umani, poiché il rifiuto di ogni violenza favorisce lo sviluppo della sensibilità e della coscienza. È quello che dovrebbe augurarsi chiunque abbia a cuore il loro benessere, perché questa festività sia tale non soltanto per gli uomini, ma anche per migliaia di cuccioli destinati a finire anzitempo la loro vita in ossequio a un’insensata e anacronistica tradizione. A livello energetico nutrirsi di morte non fa che aumentare l’onda statica del pianeta, mantenendo l’umanità in una sorta di preistoria tecnologica, immersa nell’ignoranza del suo vero potenziale evolutivo. Un assopimento delle coscienze che non permette di realizzare il valore della vita degli animali, i cui diritti sono calpestati e riconosciuti solo per alcune specie. Come se un agnello avesse meno diritto di vivere di qualsiasi altro e, in questo tipo di ragionamento, c’è qualcosa che non va. Da un lato i cani, i gatti, e tutti gli animali da compagnia di noi uomini, dall’altro gli animali allevati per essere uccisi e mangiati, dopo aver subito torture indicibili negli allevamenti intensivi, e aver pascolato godendo una libertà fittizia. Il Quinto comandamento cita: non uccidere. I precetti della cristianità definiti nei dieci comandamenti esortano al rispetto per la vita, ma la visione antropocentrica corrente non permette di includere in questo precetto il rispetto per la vita animale.  La strage di agnelli e capretti che ogni anno si perpetua durante la Pasqua non ha senso, e neppure si può invocare la religione a giustificazione della mattanza. Nonostante ci sia stato un calo negli ultimi anni, sono ancora troppe le famiglie italiane che li portano in tavola durante il giorno in cui la Chiesa celebra la resurrezione di Cristo. Qualcosa non va nel celebrare la vita e fare festa ricorrendo alla morte pianificata di esseri indifesi, sacrificandoli sull’altare dell’egoismo di chi non ha occhi per vedere, orecchi per sentire e antepone la propria soddisfazione culinaria. E tutto questo in un mondo che offre molte scelte alimentari, e una varietà di cibo non animale abbondante e nutriente, da non rendere assolutamente necessario continuare a cibarsi di carne. “Tra le comunità cristiane più antiche, l’agnello era rappresentato sulle spalle del pastore e simboleggiava l’anima salvata da Cristo. La sua uccisione per Pasqua non ha alcun fondamento nella tradizione cristiana, semmai ha radici nel Vecchio Testamento. È un rito cruento, in forte contraddizione col concetto di Resurrezione, che porta con sé il rinnovamento della fede e della speranza. È un rito non necessario in una società, la nostra, già impregnata di violenza e di morte, che serve soltanto a soddisfare gli interessi dell’ industria alimentare“. Buona Pasqua con agnelli e capretti di cioccolato!!
Graziella Baruffi
https://www.dogangels.it/

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