L’inquilino scappa dall’appartamento per gli odori molesti della pescheria sottostante

Senza uno specifico accertamento volto a valutare la tollerabilità degli odori nessuno potrà dirLe con certezza se ha ragione (o torto)

Avv. Luigi Lucente

Avv. Luigi Lucente

Le consigliamo, di denunciare il fatto all’Amministratore e di chiamare i Vigili

Egregio Avvocato,

sono proprietaria di un bivano facente parte di un edificio in cui uno dei condomini esercita l’attività di pescheria.

Il problema che mi affligge ormai da molto tempo è quello del cattivo odore proveniente dalla pescheria sottostante il mio appartamento.
Tale situazione mi ha sempre creato problemi con gli inquilini che hanno occupato il mio appartamento, infatti, quasi tutti hanno risolto anticipatamente il contratto di locazione proprio per i nauseabondi odori provenienti dalla pescheria.
Le chiedo a chi rivolgermi per denunciare tale situazione diventata ormai insostenibile, sia come fastidio fisico e psichico, che economico.
Nel ringraziarLa Le porgo distinti saluti.

Maria Antonietta



Gentile lettrice,

letta con attenzione la sua doglianza circa l’immissione di sgradevoli odori da parte dell’attività di pescheria presente nel condominio, occorre dire in prima battuta che tale fattispecie di cui già in passato ci eravamo occupati è piuttosto comune nelle controversie di tipo condominiale.

In merito, l’articolo 844 del Codice Civile – intitolato “Immissioni” – tutela il proprietario di un fondo da tutte quelle interferenze/propagazioni che possano scaturire dalle attività del fondo vicino, come fumi, rumori, odori, luci, esalazioni, scuotimenti, vibrazioni, e consimili, disponendo in merito che:

“Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso”.

L’applicazione del criterio di “normale tollerabilità” implica una valutazione da svolgersi “caso per caso”, necessariamente incompatibile con un giudizio ex ante e che non può prescindere dal singolo caso concreto. In parole povere: senza uno specifico accertamento volto a valutare la tollerabilità degli odori provenienti dalla pescheria, nessuno potrà dirLe con certezza se ha ragione (o torto).

Tale criterio indicato dal legislatore, difatti, lascia ampio margine discrezionale al Giudice di merito, il quale deve valutare in concreto lo stato delle cose, assumere i provvedimenti che ritiene più idonei, e, allo stesso tempo, utilizzare come parametro di riferimento per valutare la tollerabilità delle immissioni quello della reattività di un uomo “medio”, ossia di un uomo dotato di una normale capacità di sopportazione (in modo chiaro ed esplicito, da ultimo: Corte Appello Lecce, sez. I, 01.07.2015, n. 541).

Dopotutto, occorre tenere in considerazione come ciò che per una persona può essere facilmente tollerabile, per un’altra magari potrebbe essere elemento di disturbo o fastidio, e come ciò che in un determinato luogo o in determinate circostanze può essere considerato tutto sommato accettabile, in altre può essere una vera e propria tortura.

Solo a titolo esemplificativo, quindi, e in linea di massima, è possibile indicare alcuni criteri e/o circostanze di norma considerati in sede di giudizio, quali: l’effettiva distanza del fondo dall’origine della molestia, la disposizione o la conformazione degli immobili (come potrebbe essere l’esistenza di un’unica luce di sfogo che canalizzi gli odori verso un unico punto), le condizioni naturali e sociali dei luoghi (ad esempio, in tema di immissioni sonore è fatto notorio che in montagna vi sia minore “rumore di fondo” rispetto che in città), le abitudini della popolazione, il contesto nel quale si svolge l’attività che si assume lesiva (agricolo, industriale, residenziale, o di altro tipo), l’entità degli interessi in conflitto, eccetera.

In ogni caso, comunque, il cuore dell’accertamento (o almeno la forma di accertamento che di norma garantisce maggior sicurezza di veder tutelato il proprio diritto) rimane sempre l’approccio scientifico, basato su dati e risultanze tecniche e sull’utilizzo di un’apposita strumentazione, solitamente affidata alle mani esperte del Consulente d’Ufficio nominato dal Giudice.

Pertanto, tenuto conto di queste considerazioni, il consiglio che possiamo darLe è quello di procedere un passo alla volta.

Come prima cosa, potrebbe risultare utile prendere visione del regolamento condominiale e di eventuali disposizioni/limiti circa le attività commerciali svolte dai condomini negli immobili del condominio.

Le consigliamo, inoltre, di denunciare formalmente il fatto all’Amministratore e di chiamare i Vigili più volte e in giorni ravvicinati, possibilmente in diverse ore della giornata, affinché escano per fare un sopralluogo e accertino loro stessi l’intollerabilità delle esalazioni, redigendo in merito una relazione di servizio.

Potrebbe poi risultare una tecnica vincente quella di procurarsi il parere di un esperto in merito, al fine di cristallizzare lo stato delle cose (sul punto ci si limita a segnalare come in internet si possano trovare diversi siti che propongono servizi di perizia olfattometrica per condomini). Così facendo, potrebbe ottenere un parere circa la tollerabilità delle immissioni prima ancora di intraprendere il giudizio, così da poter valutare se sia il caso o meno di adire l’Autorità Giudiziaria, e, in più, qualora decidesse di farlo, un domani potrebbe “portare con sé” la perizia tecnica da sottoporre all’attenzione del Giudice e del Consulente tecnico d’Ufficio che eventualmente Vorrà nominare.

Comunque sia, dovrà fare infine ricorso al Giudice, e in quella sede, come insegna la sentenza della sezione terza penale della Corte di Cassazione n. 19206 del 2008: “laddove trattandosi di odori manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l’intensità delle emissioni, il giudizio sull’esistenza e sulla tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizio di natura tecnica, ma si limitino a ritenere quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia o gli

organi di controllo della USL”. Potrebbero quindi venirLe in aiuto le testimonianze di vicini che possano dare atto dei persistenti odori nauseabondi presenti nel condominio.

All’esito del giudizio, il magistrato assumerà il provvedimento più opportuno.

Infine, solo per completezza, si segnalano: Cass. pen., sez. III, 04.11.2011, n. 2377, con condanna del fabbro che, con la sua attività, produce odori molesti oltre la tollerabilità, soprattutto in fase di verniciatura; oppure, Cass. pen. Sez. III, 27.03.2008, n. 19206, con condanna del proprietario di diversi animali, il quale, mal tenendoli in giardino, è stato ritenuto responsabile delle sgradevoli esalazioni provenienti dal suo fondo e protese a quello del vicino).

L’articolo richiamato da queste decisioni è il 674 C.P..

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