«Io amo il Carengione. Io amo Peschiera Borromeo che è la mia città»

Intervista a Walter Ferrari naturalista esperto dell'Oasi del Carengione alla luce del via ai lavori di riqualificazione del parco Agricolo Sud Milano.

Walter Ferrari

Walter Ferrari Natualista autore di un video libro sull'Oasi del Carengione

 Quale futuro per il Carengione? Ne parliamo con Walter Ferrari passeggiando nell'Oasi del Carengione, a pochi giorni dall'inzio dei lavori di riqualificazione dell'area naturalistica di Peschiera Borromeo.
Signor Ferrari, a quando risale la formazione dell’Oasi del Carengione?
«Sono in possesso di alcune cartine del 1600 di Giovan Battista Claricio, il quale identifica quest’area con dei piccoli alberelli che stavano ad indicare la presenza di un bosco planiziale; c’è poi una cartina del 1650 e una del 1750. Nella prima metà del Novecento purtroppo ci sono state due guerre mondiali: si presume quindi che la gente avesse bisogno di legname per scaldarsi e vivere. Nella seconda metà del Novecento, nel 1960, una società di cavatori che venne a valutare se il luogo fosse idoneo per l’estrazione di sabbia e ghiaia; era il periodo dell'ampliamento dell’aeroporto Forlanini di Linate e c’era bisogno di materiale per realizzare il cemento. Non si sa poi il perché, il fallimento della società o il terreno non idoneo, il lavoro fu abbandonato e sta proprio lì la nostra fortuna: la natura si è riappropriata del suo ambiente. Gli alberi attualmente presenti sono vecchi di una sessantina di anni».

A cosa si deve il nome Carengione?
«Il Carengione prende il nome da una forma dialettale della pianta palustre che si chiama carice, una pianta che vive nelle zone umide».

Da un cantiere abbondonato è dunque nato un bosco, un’oasi. La natura si è ripresa il proprio spazio?
«Sì certamente; abbiamo esempi di arbusti come sambuco nero, sanguinelli, edera. C’è poi il ciliegio selvatico e la bellissima quercia farnia in stato di foliazione che è un po’ il simbolo della Pianura padana».

La formazione di questo mondo naturale ha interessato anche il mondo accademico. Quali sono le pubblicazioni rilevanti sul Carengione?
«Il Carengione è stato argomento di studio del professor Sergio Leondi in un libro del 2001 sulla storia dell’area. La dottoressa Novella Ricotti ha fatto nel 2000 una tesi di laurea su flora e vegetazione presso l’Università degli Studi di Milano che ha censito circa 280 specie. Le dottoresse Roberta Folzi e Chiara Grigis hanno fatto la tesi di laurea sul Carengione in quanto area di interesse naturalistico. La loro tutor abitando a Peschiera Borromeo mi ha chiamato e mi ha proposto di dar loro una mano a stendere questa tesi, cosa che ho fatto per circa un anno. Sono poi andato alla discussione della tesi a Bergamo ed è stato molto emozionante perché ho visto le mie fotografie proiettate davanti alla commissione, motivo di vanto per me e per tutta la città di Peschiera».

Ricordiamo che Lei è autore di un video-libro sul Carengione.
«Sì, ho realizzato un dvd con foto e video su flora, fauna e paesaggio nelle quattro stagioni; sono 400 foto e cento video reperibili in anteprima anche sul mio sito www.walterferrari.it».

Il Parco agricolo sud Milano ha avviato un’opera di riqualificazione del bosco del Carengione. Cosa dobbiamo aspettarci da questi lavori?
«Ho parlato con il responsabile del procedimento, il quale mi ha spiegato che l’intenzione è quella di pulire i sentieri dai rovi; si è poi fatto un abbattimento di salici ammalorato, pioppi ibridi e qualche pippo bianco, oltre al alcuni interventi su arbusti di poco valore. C’è stato l’abbattimento di alcuni pippi bianchi che, secondo me, erano belli e sani e di qualche arbusto di frangola. Questo è un arbusto che è pianta nutrice di una farfalla che io ho fotografato qui anni fa che si chiama Bombice dell’Ailanto, una falena di origine asiatica importata per motivi di produzione di seta. Vedere la questione come è adesso rappresenta una ferita; mi è stato garantito che nel prossimo anno vedranno dove c’è la schiarita di bosco per piantumare delle essenze autoctone come il carpino, la farnia, il ciliegio selvatico, il frassino. Sono preoccupato per gli animali perché certi mammiferi come il tasso, la volpe, la lepre e alcuni uccelli non potranno più fare tane e nidificare per qualche anno».

Fra una domande e l'altra, Walter Ferrari trova anche il tempo di raccontarci  qualcosa in più di questa Oasi a lui tanto cara:
«Il cavo marocco - ci spiega il natuarlista- , che prende acqua dalla Martesana in località Vimodrone, in questo momento è in un periodo di secca dovuta alla manutenzione. Comunque quest’acqua non va ad irrigare i campi di Peschiera bensì quelli di Mediglia. Uno dei fiorellini spontanei che nascono qui è l’anemone bianca - si china per mostrarcelo -; non ce ne sono tanti a Peschiera Borromeo: nel Carengione ci sono quattro o cinque stazioni che io curo. Li tengo puliti da rovi e altre erbacce da cui verrebbero soffocati».

Torniamo alle nostre domande:
Signor Ferrari, quale futuro per il Carengione?
«Io auspico che la proposta di aumentare la superficie dell’attuale Carengione da 140 a 180 ettari sia realizzata. Continuerò a studiare l’ambiente dal punto di vista di flora e fauna; mi farebbe anche piacere che ci fosse qualche altra persona o studente interessato all’area e sarei lieto di dare il mio contributo». 

Cosa c’è ancora da aggiungere su questo splendido posto?
«Potrei concludere dicendo che io amo il Carengione e Peschiera Borromeo, che è la mia città».

Giulio Carnevale
Emanuele Grassini

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